8 maggio 2009

MEMORIA CORTA

Rosa Parks è morta solo 4 anni fa, ma la stanno già dimenticando...

30 marzo 2009

LE LORO PRIMARIE...


10 febbraio 2009

VOLONTA' DIVINA

Il Dio che improvvisamente, da giovedi scorso, molti sciacalli si sono accorti di seguire ha sicuramente più buon senso di loro...
Addio Eluana!!!

6 febbraio 2009

5/2/09 UN GIORNO TRISTE

Ieri è stato un giorno triste per il nostro paese, molto triste.
Nell'arco di poche ore il Senato ha varato il disegno di legge sulla sicurezza che chiede ai medici (e quindi di rimando al personale sanitario più in generale) di denunciare eventuali immigrati clandestini che si presentano nei Pronto Soccorso per chiedere cure e ha preparato, fortunatamente per ora si sono solo fermati li, un decreto ad hoc per fermare il povero padre di Eluana nel tentativo di lasciare a miglior vita la figliola.
Insomma nell'arco di tre ore abbiamo dato dimostrazione di saper tornare indietro, di arretratezza e inciviltà. Complimenti.
Entrambi i temi mi interessano molto da vicino. Il primo, beh...lavoro in pronto soccorso quindi più interessato di così...sul caso Eluana ho portato la tesi di laurea su quei temi, ho intervistato parecchia gente a proposito, mi sono interessato molto e inoltre lavorando in ospedale vivo quotidianamente con situazioni magari non estreme come quella della Englaro, ma comunque in cui ci si trova a fare scelte.
Sul tema clandestini non voglio entrare nel problema razzismo, obbligo di dare cure a tutti etc etc, su questo tutti abbiamo le nostre idee e ce le teniamo. Voglio soffermarmi su un aspetto della questione più pratico, più terra terra, meno filosofico ma che verrebbe probabilmente fuori immediatamente e ripetutamente.
I clandestini entrano in pronto soccroso e rischiano la denuncia, quindi il rimpatrio e comunque problemi. I casi sono due: non vengono più in pronto soccorso o vengono e il personale sanitario "diventa" polizia e il paziente criminale.
Nel primo caso la parte del paese che non sa guardare oltre il proprio naso direbbe che così diminuiscono le code per quelli che pagano le tasse e così via, ma non penserebbe al problema che un malato è meglio che venga curato non sempre solo per se stesso ma anche per la comunità che lo circonda.
Con l'avvento dell'immigrazione clandestina stanno ritornando malattie che erano praticamente scomparse. Su tutte la tubercolosi (i casi sono frequentissimi) ma non solo, anche malattie come scabbia, peste polmonare e simili stanno ricomparendo nei nostri paesi e spesso a portarle sono proprio gli immigrati. Se le malattie sono trasmissibili e pericolose è molto meglio che il soggetto venga curato in tutta fretta piuttosto che impesti persone su persone per stare lontano dai medici. La disperazione di certa gente arriva a tal punto che preferirebbero morire sotto un ponte sputando sangue piuttosto che tornare al loro paese.
Nell'ipotesi numero due, cioè che il clandestino malato venga lo stesso in pronto soccorso scattano i rischi per il personale sanitario. Nel momento in cui una persona si sente braccata non si sa mai quale reazione possa avere. Lavoro da 7 mesi e vi assicuro che già con le leggi fino ad oggi i rischi per il personale non sono affatto pochi in pronto soccorso. Figuriamoci se un clandestino dovesse avere il sentore che il medico che lo sta visitando sta tirando per le lunghe la visita in attesa dell'arrivo delle autorità. E se inizia a menare? Se tira fuori un coltello? Medico e infermiere sono addestrati a fare altro, non a tenere a bada potenziali delinquenti.
Due aspetti del problema che a me sembrano non da poco, voi che dite?
Sul caso Englaro non voglio dire nulla di più, sono solo schifato.

21 gennaio 2009

AUGURI PRESIDENTE!!


"Concittadini, oggi sono qui di fronte a voi con umiltà di fronte all'incarico, grato per la fiducia che avete accordato, memore dei sacrifici sostenuti dai nostri antenati. Ringrazio il presidente Bush per il suo servizio alla nostra nazione, come anche per la generosità e la cooperazione che ha dimostrato durante questa transizione.
Sono quarantaquattro gli americani che hanno giurato come presidenti. Le parole sono state pronunciate nel corso di maree montanti di prosperità e in acque tranquille di pace. Ancora, il giuramento è stato pronunciato sotto un cielo denso di nuvole e tempeste furiose. In questi momenti, l'America va avanti non semplicemente per il livello o per la visione di coloro che ricoprono l'alto ufficio, ma perché noi, il popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati, e alla verità dei nostri documenti fondanti. Così è stato. Così deve essere con questa generazione di americani.
Che siamo nel mezzo della crisi ora è ben compreso. La nostra nazione è in guerra, contro una rete di vasta portata di violenza e odio. La nostra economia è duramente indebolita, in conseguenza dell'avidità e dell'irresponsabilità di alcuni, ma anche del nostro fallimento collettivo nel compiere scelte dure e preparare la nazione a una nuova era. Case sono andate perdute; posti di lavoro tagliati, attività chiuse. La nostra sanità è troppo costosa, le nostre scuole trascurano troppi; e ogni giorno aggiunge un'ulteriore prova del fatto che i modi in cui usiamo l'energia rafforzano i nostri avversari e minacciano il nostro pianeta.
Questi sono indicatori di crisi, soggetto di dati e di statistiche. Meno misurabile ma non meno profondo è l'inaridire della fiducia nella nostra terra: la fastidiosa paura che il declino dell'America sia inevitabile, e che la prossima generazione debba ridurre le proprie mire. Oggi vi dico che le sfide che affrontiamo sono reali. Sono serie e sono molte. Non saranno vinte facilmente o in un breve lasso di tempo. Ma sappi questo, America: saranno vinte. In questo giorno, ci riuniamo perché abbiamo scelto la speranza sulla paura, l'unità degli scopi sul conflitto e la discordia. In questo giorno, veniamo per proclamare la fine delle futili lagnanze e delle false promesse, delle recriminazioni e dei dogmi logori, che per troppo a lungo hanno strangolato la nostra politica.
Rimaniamo una nazione giovane, ma, nelle parole della Scrittura, il tempo è venuto di mettere da parte le cose infantili. Il tempo è venuto di riaffermare il nostro spirito durevole; di scegliere la nostra storia migliore; di riportare a nuovo quel prezioso regalo, quella nobile idea, passata di generazione in generazione: la promessa mandata del cielo che tutti sono uguali, tutti sono liberi, e tutti meritano una possibilità per conseguire pienamente la loro felicità.
Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, capiamo che la grandezza non va mai data per scontata. Bisogna guadagnarsela. Il nostro viaggio non è mai stato fatto di scorciatoie o di ribassi. Non è stato un sentiero per i deboli di cuore, per chi preferisce l’ozio al lavoro, o cerca solo i piaceri delle ricchezze e della celebrità. E’ stato invece il percorso di chi corre rischi, di chi agisce, di chi fabbrica: alcuni celebrato ma più spesso uomini e donne oscuri nelle loro fatiche, che ci hanno portato in cima a un percorso lungo e faticoso verso la prosperità e la libertà.
Per noi hanno messo in valigia le poche cose che possedevano e hanno traversato gli oceani alla ricerca di una nuova vita.
Per noi hanno faticato nelle fabbriche e hanno colonizzato il West; hanno tollerato il morso della frusta e arato il duroterreno.
Per noi hanno combattuto e sono morti in posti come Concord e Gettysburg, la Normandia e Khe Sahn.
Ancora e ancora questi uomini e queste donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato fino ad avere le mani in sangue, perché noi potessimo avere un futuro migliore. Vedevano l’America come più grande delle somme delle nostre ambizioni individuali, più grande di tutte le differenze di nascita o censo o partigianeria.
Questo è il viaggio che continuiamo oggi. Rimaniamo il paese più prosperoso e più potente della Terra. I nostri operai non sono meno produttivi di quando la crisi è cominciata. Le nostre menti non sono meno inventive, i nostri beni e servizi non meno necessari della settimana scorsa o del mese scorso o dell’anno scorso. Le nostre capacità rimangono intatte. Ma il nostro tempo di stare fermi, di proteggere interessi meschini e rimandare le decisioni sgradevoli, quel tempo di sicuro è passato. A partire da oggi, dobbiamo tirarci su, rimetterci in piedi e ricominciare il lavoro di rifare l’America.
Perché ovunque guardiamo, c’è lavoro da fare. Lo stato dell’economia richiede azioni coraggiose e rapide, e noi agiremo: non solo per creare nuovi lavori ma per gettare le fondamenta della crescita. Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche, le linee digitali per nutrire il nostro commercio e legarci assieme. Ridaremo alla scienza il posto che le spetta di diritto e piegheremo le meraviglie della tecnologia per migliorare le cure sanitarie e abbassarne i costi. Metteremo le briglie al sole e ai venti e alla terra per rifornire le nostre vetture e alimentare le nostre fabbriche. E trasformeremo le nostre scuole e i college e le università per soddisfare le esigenze di una nuova era. Tutto questo possiamo farlo. E tutto questo faremo.
Ci sono alcuni che mettono in dubbio l’ampiezza delle nostre ambizioni, che suggeriscono che il nostro sistema non può tollerare troppi piani grandiosi. Hanno la memoria corta. Perché hanno dimenticato quanto questo paese ha già fatto: quanto uomini e donne libere possono ottenere quando l’immaginazione si unisce a uno scopo comune, la necessità al coraggio.
Quello che i cinici non riescono a capire è che il terreno si è mosso sotto i loro piedi, che i diverbi politici stantii che ci hanno consumato tanto a lungo non hanno più corso. La domanda che ci poniamo oggi non è se il nostro governo sia troppo grande o troppo piccolo, ma se funziona: se aiuta le famiglie a trovare lavori con stipendi decenti, cure che possono permettersi, unapensione dignitosa. Quando la risposta è sì, intendiamo andareavanti. Quando la risposta è no, i programmi saranno interrotti. E quelli di noi che gestiscono i dollari pubblici saranno chiamati a renderne conto: a spendere saggiamente, a riformare le cattive abitudini, e fare il loro lavoro alla luce del solo, perché solo allora potremo restaurare la fiducia vitale fra un popolo e il suo governo.
Né la domanda è se il mercato sia una forza per il bene o per il male. Il suo potere di generare ricchezza e aumentare la libertànon conosce paragoni, ma questa crisi ci ha ricordato che senza occhi vigili, il mercato può andare fuori controllo, e che unpaese non può prosperare a lungo se favorisce solo i ricchi. Il successo della nostra economia non dipende solo dalle dimensioni del nostro prodotto interno lordo, ma dall’ampiezza della nostra prosperità, dalla nostra capacità di ampliare le opportunità a ogni cuore volonteroso, non per beneficenza ma perché è la via più sicura verso il bene comune.
Per quel che riguarda la nostra difesa comune, respingiamo come falsa la scelta tra la nostra sicurezza e i nostri ideali. I Padri Fondatori, di fronte a pericoli che facciamo fatica a immaginare, prepararono un Carta che garantisse il rispetto della legge e i diritti dell’uomo, una Carta ampliata con il sangue versato da generazioni. Quegli ideali illuminano ancora il mondoe non vi rinunceremo in nome del bisogno. E a tutte le persone e i governi che oggi ci guardano, dalle capitali più grandi al piccolo villaggio in cui nacque mio padre, dico: sappiate che l’America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che cerca un futuro di pace e dignità, e che siamo pronti di nuovo a fare da guida.
Ricordate che le generazioni passate sconfissero il fascismo e il comunismo non solo con i carri armati e i missili, ma con alleanze solide e convinzioni tenaci. Capirono che la nostra forza da sola non basta a proteggerci, né ci dà il diritto di fare come ci pare. Al contrario, seppero che il potere cresce quando se ne fa un uso prudente; che la nostra sicurezza promana dal fatto che la nostra causa giusta, dalla forza del nostro esempio, dalle qualità dell’umiltà e della moderazione.
Noi siamo i custodi di questa eredità. Guidati ancora una volta da questi principi, possiamo affrontare quelle nuove minacce cherichiedono sforzi ancora maggiori - e ancora maggior cooperazione e comprensione fra le nazioni. Inizieremo a lasciare responsabilmente l’Iraq al suo popolo, e a forgiare una pace pagata a caro prezzo in Afghanistan. Insieme ai vecchi amici e agli ex nemici, lavoreremo senza sosta per diminuire la minaccia nucleare, e allontanare lo spettro di un pianeta surriscaldato. Non chiederemo scusa per la nostra maniera di vivere, né esiteremo a difenderla, e a coloro che cercano di ottenere i loro scopi attraverso il terrore e il massacro di persone innocenti, diciamo che il nostro spirito è più forte e non potrà essere spezzato. Non riuscirete a sopravviverci, e vi sconfiggeremo.
Perché sappiamo che il nostro multiforme retaggio è una forza, non una debolezza: siamo un Paese di cristiani, musulmani, ebrei e indù - e di non credenti; scolpiti da ogni lingua e cultura, provenienti da ogni angolo della terra. E dal momento che abbiamo provato l’amaro calice della guerra civile e della segregazione razziale, per emergerne più forti e più uniti, non possiamo che credere che odii di lunga data un giorno scompariranno; che i confini delle tribù un giorno si dissolveranno; che mentre il mondo si va facendo più piccolo, la nostra comune umanità dovrà venire alla luce; e che l’America dovrà svolgere un suo ruolo nell’accogliere una nuova era di pace.
Al mondo islamico diciamo di voler cercare una nuova via di progresso, basato sull’interesse comune e sul reciproco rispetto. A quei dirigenti nel mondo che cercano di seminare la discordia, o di scaricare sull’Occidente la colpa dei mali delle loro società, diciamo: sappiate che il vostro popolo vi giudicherà in base a ciò che siete in grado di costruire, non di distruggere. A coloro che si aggrappano al potere grazie alla corruzione, all’inganno, alla repressione del dissenso, diciamo: sappiate che siete dalla parte sbagliata della Storia; ma che siamo disposti a tendere la mano se sarete disposti a sciogliere il pugno.
Ai popoli dei Paesi poveri, diciamo di volerci impegnare insieme a voi per far rendere le vostre fattorie e far scorrere acque pulita; per nutrire i corpi e le menti affamate. E a quei Paesi che come noi hanno la fortuna di godere di una relativa abbondanza, diciamo che non possiamo più permetterci di essere indifferenti verso la sofferenza fuori dai nostri confini; né possiamo consumare le risorse del pianeta senza pensare alle conseguenze. Perché il mondo è cambiato, e noi dobbiamo cambiare insieme al mondo.
Volgendo lo sguardo alla strada che si snoda davanti a noi, ricordiamo con umile gratitudine quei coraggiosi americani che in questo stesso momento pattugliano deserti e montagne lontane. Oggi hanno qualcosa da dirci, così come il sussurro che ci arriva lungo gli anni dagli eroi caduti che riposano ad Arlington: rendiamo loro onore non solo perché sono custodi della nostra libertà, ma perché rappresentano lo spirito di servizio, la volontà di trovare un significato in qualcosa che li trascende. Eppure in questo momento - un momento che segnerà una generazione - è precisamente questo spirito che deve animarci tutti.
Perché, per quanto il governo debba e possa fare, in definitiva sono la fede e la determinazione del popolo americano su cui questo Paese si appoggia. E’ la bontà di chi accoglie uno straniero quando le dighe si spezzano, l’altruismo degli operai che preferiscono lavorare meno che vedere un amico perdere il lavoro, a guidarci nelle nostre ore più scure. E’ il coraggio del pompiere che affronta una scala piena di fumo, ma anche la prontezza di un genitore a curare un bambino, che in ultima analisi decidono il nostro destino.
Le nostre sfide possono essere nuove, gli strumenti con cui le affrontiamo possono essere nuovi, ma i valori da cui dipende il nostro successo - il lavoro duro e l’onestà, il coraggio e il fair play, la tolleranza e la curiosità, la lealtà e il patriottismo - queste cose sono antiche. Queste cose sono vere. Sono state la quieta forza del progresso in tutta la nostra storia. Quello che serve è un ritorno a queste verità. Quello che ci è richiesto adesso è una nuova era di responsabilità - un riconoscimento, da parte di ogni americano, che abbiamo doveri verso noi stessi, verso la nazione e il mondo, doveri che non accettiamo a malincuore ma piuttosto afferriamo con gioia, saldi nella nozione che non c’è nulla di più soddisfacente per lo spirito, di più caratteristico della nostra anima, che dare tutto a un compito difficile.
Questo è il prezzo e la promessa della cittadinanza.
Questa è la fonte della nostra fiducia: la nozione che Dio ci chiama a forgiarci un destino incerto. Questo il significato della nostra libertà e del nostro credo: il motivo per cui uomini e donne e bambine di ogni razza e ogni fede possono unirsi in celebrazione attraverso questo splendido viale, e per cui un uomo il cui padre sessant’anni fa avrebbe potuto non essere servito al ristorante oggi può starvi davanti a pronunciare un giuramento sacro.
E allora segnamo questo giorno col ricordo di chi siamo e quanta strada abbiamo fatto. Nell’anno della nascita dell’America, nel più freddo dei mesi, un drappello di patrioti si affollava vicino a fuochi morenti sulle rive di un fiume gelato. La capitale era abbandonata. Il nemico avanzava, la neve era macchiata di sangue. E nel momento in cui la nostra rivoluzione più era in dubbio, il padre della nostra nazione ordinò che queste parole fossero lette al popolo: “Che si dica al mondo futuro... Che nel profondo dell’inverno, quando nulla tranne la speranza e il coraggio potevano sopravvivere... Che la città e il paese, allarmati di fronte a un comune pericolo, vennero avanti a incontrarlo”.
America. Di fronte ai nostri comuni pericoli, in questo inverno delle nostre fatiche, ricordiamoci queste parole senza tempo. Con speranza e coraggio, affrontiamo una volta ancora le correnti gelide, e sopportiamo le tempeste che verranno. Che i figli dei nostri figli possano dire che quando fummo messi alla prova non ci tirammo indietro né inciampammo; e con gli occhi fissi sull’orizzonte e la grazia di Dio con noi, portammo avanti quel grande dono della libertà, e lo consegnammo intatto alle generazioni future."

23 dicembre 2008

BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO!!!


14 novembre 2008

VERGOGNA!!!

Un'immagine di ciò che è rimasto dopo il pestaggio alla scuola Diaz nel G8 2001.
Vertici della polizia tutti assolti. Poca roba per gli esegutori.
Io non sono contro la polizia e lo sapete, non sono con i facinorosi e lo sapete, ma quello che è successo quel giorno è da regime, è una vergogna.

5 novembre 2008

BARACK OBAMA: IL 44° PRESIDENTE


4 novembre 2008

OBAMA VS MCCAIN: FUORI I SECONDI

Innanzitutto mi scuso per la prolungata assenza dal blog, d'ora in poi cercherò di aggiornarlo con la regolarità di un tempo, restando sulla notizia sempre aggiornato.
Siamo al grande martedi elettorale, il giorno che ogni quattro anni cambia le sorti del mondo. Si, perchè l'elezione del presidente degli Usa è troppo importante per tutti, per gli americani e le loro politiche interne, per gli europei e le loro politiche di affari con gli States, per l'oriente, per israele, per la Cina...insomma a seconda delle idee dell'eletto in moti ambiti cambiano completamente gli scenari.
Obama non sarà certo uno stinco di santo, per arrivare li il pelo sullo stomaco lo deve avere per forza, ma rappresenta il cambiamento, rappresenta il diverso rispetto all'ignobile Bush degli ultimi 8 anni. McCain invece sarebbe la continuità, uno Cuck Norris prestato alla politica. Uno che piace solo perchè è stato torturato in una delle tante inutili guerre fatte dagli americani in terre lontane. Lo chiamano veterano, io lo chiamerei esaltato. E dietro di lui avrebbe una vicepresidente guerrafondaia pazzesca, amante delle armi e della pena di morte.
Probabilmente sarà impossibile attuarla, ma Obama ha iniziato a parlare di sanità per tutti, con Obama per ovvi motivi ci sarà una politica contro il razzismo, con Obama probabilmente non si accenderanno nuove guerre dall'oggi al domani per favorire la lobbie di turno. Farà anche lui le sue buone porcate, ma ben venga...Yes he can!! (si scrive così?)

Come molti di voi sapranno a fine agosto/settembre mi son cuccato il morbillo da uno dei tanti pazienti che frequentano il Pronto Soccorso in cui lavoro. E come tutti senza dubbio sapete era già entrato in vigore il decreto Brunetta.
Il decreto Brunetta mi ha tolto dallo stipendio 37 euro per essere stato a casa in malattia 10 giorni lavorativi. Pochi, ma comunque tanti considerando che il morbillo non l'ho mangiato al ristorante ma l'ho preso sul posto di lavoro. Pochi invece per il fannullone di turno che si fa un mese di malattia, gli vengono tolti gli stessi euro (perchè i soldi vengono tolti solo nei primi dieci giorni) e ne risparmia un centinaio di benzina non andando al lavoro.

25 settembre 2008

PRIMO MATRIMONIO



Ieri ho presenziato al mio primo matrimonio. Sarà l'entusiasmo della prima volta, sarà che per un bovino come me mangiare in quel modo è un sogno, ma è stato bellissimo.

Cerimonia a Vighizzolo di Cantù in una bellissima chiesa con tanto di scalinata stile Duomo di Amalfi. Prima ricevimento a casa della mamma della sposa. Già li entro ed in mezzo al parentado compare una tavola con un ben di Dio di cibarie (ore 10 del mattino). Dopo la funzione trasferimento a Villa Mattioli a Lesmo. Si parcheggia e ci vengono a prendere per portarci all'interno della villa con le macchine dei campi da golf. Posto fantastico, da lontano si sentivano i rombi dei motori di auto che provavano in pista. Un parco immenso, Veramente molto bello.

Arrivano gli sposi su una Balilla e si attacca con l'aperitivo. O mamma mia. L'inverosimile. Voi sarete abituati, ma come prima volta me lo aspettavo abbondante ma non così. Poi tutti dentro e si inzia col menù: Antipasto di mare caldo, timballo di radicchio alla crema di basilico con porri croccanti, risotto a fiori di zucchina e pistilli di zafferano, tortelli alle noci alla fonduta di branzi, graganelli alla polpa di granchio, dorso di orata in crosta di mandorle in salsa leggera di lime con bouchet di verdure al vapore. Pausa all'aperto con buffet di sorbetti e frutta fresca. Si rientra con sottofesa di vitello alla boscaiola con vewrdure grigliate e tagliata di manzo alle erbe fini con rucola, pomodorini e patate novelle.

Ma dulcis in fundo e che dulcis...gran buffet di frutta e di dolciiiii!!! Qui compagnmi di merende ha dato il meglio di se. Tutti gli invitati già arrancavano ma un buffet del genere attirava chiunque. Nell'ordine ho preso: torta nuziale, crema catalana, semifreddo all'arancia, frutta con fonduta di cioccolato, semifreddo ai frutti di bosco, crepes al cioccolato fuso e cialda con gelato e salsa di frutti di bosco :-P

Ringrazio Adriana ed Alessio per la bellissima giornata.